Introduzione
La conflittualità generalizzata della nostra società, evidente dai molti fatti di cronaca, ha necessità di trovare un suo sbocco, di essere contenuta, affrontata , gestita non solo attraverso regole giuridiche che ne funzionalizzino i risultati ma anche attraverso tecniche e metodologie che evidenzino la centralità della persona.
Nel mio lavoro di operatore del diritto mi sono imbattuta nel limite dello strumento tecnico: l’istituto giuridico, la norma, la clausola sono il punto di arrivo di una ricerca di ordine e pace sociale che coinvolge tutti. Nel ruolo di ogni professionista, oltre ai compiti da svolgere in modo efficiente e corretto,si affaccia oggi una nuova prospettiva:l’attenzione alla persona, portatrice di interessi e bisogni da tutelare ma prima ancora da saper enucleare. Credito o debito? Conflitto o transazione?Forse la norma è carente, non dice tutto o forse rappresenta un mondo ideale dove la regola, la giustizia, il rispetto della sfera giuridica altrui sono inviolabili.Di fronte a questo non resta che accoglier con un senso di speranza i recenti interventi normativi , nella ferma certezza che non abbiamo bisogno solo di articoli di legge per realizzare uno stato di diritto ma abbiamo bisogno di momenti di umanità. Non vi è conflitto tra vita e diritto:ma il concetto è bivalente il diritto segue la vita ordinandola, l’ordine creato dal diritto da nuova forma alla realtà sociale.
I recenti interventi normativi, nati oltre che dalla necessità di adeguamento alle normative europee da un intento deflattivo del carico dei Tribunali, hanno evidenziato da un lato un deciso interesse verso i sistemi di soluzione alternativa delle controversie dall’altro una nuova attenzione all’arte della mediazione intesa come gestione del conflitto con nuove modalità che la rendano occasione di crescita sociale ed individuale. In quest’ottica assumono particolare rilievo la mediazione familiare come possibilità di riorganizzare le relazioni familiari in modo funzionale alla nuova realtà sociale e la negoziazione assistita che consente di raggiungere soluzioni concordate della crisi coniugale.
Punto di partenza è lo studio della struttura e dell’ evoluzione storica del concetto di famiglia, istituto qualificato dalla Costituzione come società naturale fondata sul matrimonio, concetto sociologico in eterna trasformazione, oggetto di eminenti studi psicologici. Da spettatori consapevoli dell’ affievolimento delle differenziazioni metodologiche dei diversi campi scientifici che si occupano dello studio della famiglia, è necessario stimolare una comparazione dei risultati che nel rispetto della tipicità di ciascun settore di studio, conduca ad una corretta e completa analisi del fenomeno.
Senza alcuna pretesa di esaustività ma con lo scopo di stimolare una riflessione costruttiva si è rilevato, in questa prima trattazione, come negli ultimi decenni si è passati da una visione della famiglia come istituzione in declino ad una analisi della famiglia come pluralità diversificata di forme che seguono i mutamenti sociali ed epocali contribuendo a definirli. Il proliferare di forme di aggregazione alternative, proprie del terzo millennio, impone poi una riflessione sul grado di istituzionalizzazione delle stesse e sul grado di tutela offerto ai singoli appartenenti. L’esigenza di accordare tutela a determinate necessità, oggi emergenti, ci evidenzia la parzialità del punto di vista giuridico, poichè ci sarà sempre qualcosa che non potrà essere chiaramente disciplinato e che mette a nudo il fraintendimento di fondo: il diritto non può interpretare le relazioni affettive. Di qui la necessità di individuare contesti extragiudiziari nei quali, risolvere concretamente i conflitti fra gli uomini impegnandosi non tanto in meravigliose costruzioni tecnico giuridiche ma nella definizione di dinamiche costruttive che sostenendo la famiglia diano nuova linfa vitale alla collettività.
Storia e “storie” familiari: il modello tradizionale di famiglia e le sue trasformazioni.
Le forme familiari sono state storicamente variabili, sicuramente il progresso e le sue conseguenze hanno influito enormemente sul nucleo considerato fondamento della società: la famiglia. In prima approssimazione appare evidente come la famiglia non si basa più sulle stesse regole di estrazione cattolica che la caratterizzavano, (nelle famiglie cattoliche non era concepito il tradimento e tantomeno il divorzio, con l’istituzione del quale è venuto a mancare anche quell'atteggiamento “childoriented” di cui parlano i sociologi) né ha più la struttura che aveva fino a cinquant’ anni fa (la parità dei sessi, l’emancipazione delle donne,la riduzione dei matrimoni e delle nascite ne hanno modificato gli equilibri ).
Fino alla metà del novecento era diffuso il modello di famiglia patriarcale strutturato a seconda delle differenze socio economiche: la famiglia rurale dedita alla coltivazione della terra era più numerosa ed i figli fungevano da forza lavoro. Nelle famiglie di ceto medio-alto le relazioni fra genitori e figli erano basate su principi rigidi: i figli percepiti come elemento di contorno si ponevano in ottica di importanza dinastica e patrimoniale più che personale.
Vi è chi, evidenziando un progressivo indebolimento dei valori tradizionali e della funzione che in passato la famiglia ricopriva come prima istituzione sociale, teorizza il “declino “ del concetto tradizionale di famiglia. Nella famiglia i figli ricevevano quel sostegno emotivo, quella educazione e quell’istruzione oggi affidate ad altre istituzioni pubbliche o private o comunque delegate a strutture sociali. La famiglia fungeva inoltre da unità di regolamentazione morale, influiva sui rapporti sentimentali, costruiva rapporti tra le generazioni, rafforzava il senso del dovere. Tutto ciò in stretta correlazione da un lato con la modifica della struttura economica del Paese e con la transizione da una economia basata sulla famiglia (unità economica fondamentale nella quale i membri lavoravano insieme per accantonare risorse) ad una economia fondata sul lavoro in fabbrica ( la diffusione del fenomeno dei padri assenti, la diminuzione del tempo che i genitori passano con i figli) dall’altro con il proliferare di forme di aggregazione alternative (le c.d. convivenze di fatto) e di fenomeni di instabilita’ coniugale. La crescente occupazione femminile se da un lato ha consentito alle donne di sottrarsi a matrimoni insoddisfacenti rincorrendo al divorzio dall’altro ha costretto le istituzioni a supplire al lavoro familiare in precedenza effettuato dalle donne, fornendo alle famiglie beni e servizi il cui costo grava sul bilancio pubblico. Mutamenti economici, culturali ed istituzionali hanno influenzato direttamente la struttura della famiglia determinando la diminuzione dei matrimoni o il loro posponimento,l’aumento delle coabitazioni non “istituzionalizzate”, la riduzione delle nascite.
Quanto alle trasformazioni economiche è opportuno riflettere sulla influenza che hanno avuto sulla stabilità della vita delle famiglie la diffusione dei contratti a termine , la precarizzazione del lavoro e la perdita del potere di acquisto dei salari (genitori residenti in città diverse per consentire il doppio reddito, posticipazione della genitorialità determinata dall’incertezza sul reddito, problemi legati al demansionamento o alla ghettizzazione dell’occupazione femminile).Sul piano umano è nata la confusione fra diritti e doveri di ciascun individuo,l’indebolimento dei ruoli e dei confini fra genitori e figli, è venuta meno la separazione di compiti e responsabilità fra genitori. Il mutamento dei ruoli di genere e della divisione del lavoro tra i sessi all’interno della famiglia ha portato ad una nuova fonte di conflitto:la contrattazione circa i compiti di accudimento, gestione e lavoro familiare. Si pensi poi al fatto che generalmente il fallimento del matrimonio non implica solo una modifica delle relazioni familiare ma anche conseguenze economiche sui singoli e sui figli.
Quanto tutto questo prima delle trasformazioni culturali ha influito sull’istituzione familiare? Possiamo affermare senza ombra di dubbio che il problema sia il femminismo, la rivoluzione sessuale, le convivenze extramatrimoniali, l’individualismo?
Certo la trasformazione culturale ha prodotto maggiore uguaglianza, democrazia e diritto di scelta nelle relazioni familiari ed ha consentito alle famiglie monogenitoriali, alle famiglie ricostituite ed anche alle convivenze etero ed omosessuali una loro dignità. Sono entrate nel sistema solo come un modo diverso e non deteriore di fare famiglia.
Possiamo dire che le dinamiche familiari c.d. “tradizionali” fossero la vera risorsa? O forse facendo un bagno di realtà ci accorgiamo che :
-l’uso della forza e le punizioni fisiche erano considerate “normali” nei confronti di figli considerati “forza lavoro” (mandati a servizio, affidati ad altre famiglie per problemi di reddito, impegnati lavorativamente alla stregua di un adulto senza che ciò fosse considerato un fenomeno deviante);
- gli individui (le donne in particolar modo) erano “imprigionati”in situazioni non soddisfacenti e spesso erano vittime di abusi fisici e psichici taciuti;
- l’assenza di rapporto sereno con i genitori e l’esposizione continua dei figli al conflitto endo-familiare forse non era generato da una instabilità coniugale sancita dal divorzio, ma spesso era generato da altri fattori: il tasso di mortalità, le epidemie, le migrazioni,le condizioni di vita disagiate
La migliore scuola psico-pedagogica ci insegna che “figli di famiglie intatte con alti livelli di conflitto possono avere problemi più seri di figli di genitori divorziati”poiché è il conflitto e non il fatto in se del divorzio che genera disagio psichico. Il mutamento dei ruoli ha reso la famiglia un istituzione più democratica e maggiormente paritaria, nella quale l’occupazione delle donne oltre a soddisfare una esigenza economica della famiglia sostiene la realizzazione personale con indubitabili effetti positivi sui figli, ma sarebbe opportuno che i governi investissero maggiormente nelle politiche di conciliazione famiglia – lavoro: asilo nido, orari più flessibili, servizi di dopo scuola….
Dai modelli alle relazioni:le strutture familiari del passato e la società contemporanea.
In un epoca in continua ed inarrestabile trasformazione dove assistiamo alla modifica strutturale di un intero sistema sociale sembra depauperarsi il riferimento stesso al concetto di famiglia “tradizionale”. Il concetto idealizzato di un “prototipo” di famiglia trascura l’esistenza di altre forme familiari o forse la famiglia idealizzata non è mai esistita nella realtà? Tra gli studiosi della materia c’è chi (Barbagli) propone di classificare i sistemi familiari in base alle relazioni (patriarcale, matrilineare, coniugale diventano concetti legati ai rapporti di autorità e di affetto) e chi in base a criteri spazio residenziali, individuati cioè nello spazio fisico della convivenza.
Ogni criterio si compenetra e va analizzato nella prospettiva del ciclo vitale, poiché è innegabile che in ogni società individui e ruoli sono anche biologicamente determinati. Infanzia, gioventù, età adulta, vecchiaia vengono consacrati da riti di passaggio (il matrimonio è uno di questi) che rendono la nuova relazione socialmente riconoscibile. Questo rende più complesso in alcuni Paesi il riconoscimento di legami non istituzionali e delle convivenze more uxorio ed evidenzia come la “famiglia” moderna sia nata da una serie di trasformazione avvenute nelle relazione interne ed esterne all’unità coniugale. Il matrimonio non era un fatto privato ma un evento pubblico influenzato da interessi di tipo economico e sociale e in cui si registrava l’ingerenza di tutta la comunità (che la solita a combattere la costituzione di famiglie anomale: omosessuali, seconde nozze, adulterio).Progressivamente la famiglia si è liberata dai controlli della comunità e della parentela ed il matrimonio è stato basato sulla libera scelta dei coniugi.Gradualmente è scomparsa la tradizionale asimmetria di potere tra marito e moglie e sono cambiate le relazione tra genitori e figli che sono diventati i destinatari privilegiati delle cure e dell’affetto dei genitori.
"Siamo come una famiglia!”: l’importanza della relazioni parentali.
Levi Strauss, sosteneva che, partendo dall’assunto che per far nascere una famiglia occorre che altre due famiglie donino un membro ciascuna, è necessario considerare “famiglia” non solo il nucleo costituito da genitori e figli e neanche solo quello determinato dalla comune appartenenza ad una medesima genealogia bensì il complesso di relazioni che ruota intorno alla famiglia nucleare comprensiva degli affini.
Strutturalmente si definisce agnatica la famiglia che ha come elemento strutturante il padre e la sua famiglia di origine, se invece elemento strutturante è la madre si definisce uterina, se ciascun nuovo nato si considera appartenente ai due gruppi parentali in modo simmetrico la filiazione è bilaterale. Nelle società occidentali si è diffuso il fenomeno della filiazione indifferenziata o cognatica sia pure in forma non del tutto pura (si pensi alla trasmissione del cognome)
Nel passato europeo la parentela rappresentava lo schema sociale per definire spazi di relazione e confini tra gruppi ed anche una rete di scambio e sostegno reciproco. Pertanto se da una parte rappresentava un vincolo (con gli odi e le rivalità che ne derivavano) dall’altro rappresentava una risorsa che accoglieva vedove e orfani e garantiva continuità nelle migrazioni. Nella società urbana contemporanea sembra vi sia stata una progressiva perdita di forza sociale della parentela: i legami di parentela vengono letti come residuali poiché non favoriscono l’autonomia e appaiono incompatibili con la nuova società per il loro particolarismo irrazionale. L’ideologia dell’isolamento della famiglia nucleare, ponendo in secondo piano gli aspetti di doverosità ed obbligazione nei confronti dei parenti sembra offuscare il ruolo della parentela. Tuttavia numerose ricerche sociologiche impongono di rivalutare l’importanza della rete parentale, anche a causa dell’invecchiamento della popolazione con il conseguente allungamento delle relazioni che porta ad un maggior flusso di rapporti e scambi intergenerazionali. Nella realtà concreta non è avulsa la presenza di una rete parentale dove vi è un fitto scambio di aiuti: sono i parenti a trovare lavoro alle giovani generazioni, sono i parenti che si aiutano nelle piccole e grande manutenzioni e che si prestano denaro, si scambiano informazioni utili, accudiscono vicendevolmente bambini e anziani.
Del resto chi è privo della rete parentale ha minore risorse per muoversi con successo nel mercato del lavoro, è più esposto al rischio di povertà e di disoccupazione, ha problemi connessi alla mancanza di cura, è più esposto alla rottura del matrimonio .
Una ricerca effettuata nei paesi industrializzati segnala che l’Italia e al primo posto per la frequenza dei contatti fra familiari. Nelle società in cui gli anziani hanno un reddito adeguato, il flusso degli aiuti economici va dalla generazione anziana a quella più giovane, mentre il flusso degli aiuti in termini di cura e sostegno và dalla generazione di mezzo a quella più anziana. Si sta affermando un nuovo sistema di relazione parentale nel quale le giovani coppie ricevono sostegno dalle famiglie di origine in funzione donatrice(aiuto finanziario diretto, integrazione dello stipendio, aiuto sotto forma di regali, e oggetti utili, aiuto per trovare lavoro, aiuto sotto forma di servizi, cura dei bambini, ospitalità per le vacanze), le famiglie di origine in cambio ricevono il riconoscimento di una continuità e di una appartenenza. La possibilità di ricorrere alla rete parentale è l’unica forma di assicurazione contro i rischi sociali attuali, tuttavia può produrre stress economico ed emotivo poiché può imporre pesanti carichi e può rafforzare la disuguaglianza sociale nella misura in cui nei ceti più abbienti non solo vi sono più risorse finanziare da distribuire, ma anche maggiori risorse sociali e di relazione. Per quanto detto nel nostro paese la solidarietà intergenerazionale, nella sua dimensione pratica di sostegno, è più necessaria che in altri paesi, poiché le politiche familiari sono meno sviluppate. Ha, ancora più di prima, come elemento fondante l’affettività con la sola differenza che, essendosi affievoliti i doveri e gli obblighi di solidarietà familiare rispetto al passato, è possibile prediligere determinati legami parentali rispetto ad altri. Gioca un ruolo importante anche la diversa posizione che storicamente i due sessi rivestono nell’ambito della parentela. In passato le donne occupavano una posizione marginale: destinate ad uscire dalla famiglia di origine per entrare in una nuova ,oggi hanno un ruolo centrale nell’intessere relazioni amicali e parentali. La prevalenza delle donne nel consolidare i rapporti di parentela ha portato alcuni studiosi a parlare di matrilinearità (che si estrinseca nella scelta di dove andare ad abitare o anche di chi accogliere in caso di bisogno) poiché oggi la continuità intergenerazionale sembra maggiormente garantita dai rapporti fra donne (madri, figlie, sorelle) che si trasmettono routine riti e culture (anche alimentari). Tutto ciò in un sistema nel quale si parla di struttura parentale prevalentemente indifferenziata con residui di patrilinearità (trasmissione del cognome, ma non più del patrimonio, del mestiere , della posizione sociale). Questo non esime dalle “carriere morali specifiche per genere”difficilmente mutevoli per retaggio socio-culturale: le donne dalle quali i membri della rete parentale si aspettano che siano disponibili ad assumere compiti domestici e di cura ,gli uomini dediti al lavoro cui viene richiesto aiuto solo sottoforma di servizio, moralmente obbligati ad assumere posizioni lavorative rilevanti.
Famiglia o famiglie? Le strutture familiari del terzo millennio
Rilevato come in ogni assetto socio-culturare sia possibile ritrovare una pluralità diversificata di forme familiari e come la famiglia da estesa sia diventata nucleare modificandosi sia nella struttura che nelle funzioni, si può affermare che oggi a prescindere dalla dimensione linguistica o dalla prospettiva normativa anche le teorie sulla famiglia sono chiamate a modificarsi in relazione ai cambiamenti sociali.Pertanto si potrebbe parlare, in relazione alle “nuove famiglie”, di organizzazioni familiari intendendo per esse la complessa articolazione di legami biologici, simbolici e di relazione che in una dimensione di narrazione, consentono di trasmettere cultura, valori e informazioni tra le diverse generazioni, in una continuità storica che non può non generare ricchezza sociale.
Bibliografia
Martello M., La formazione del mediatore, Comprende le ragioni dei conflitti per trovare le soluzioni, Utet Giuridica 2014
Barbagli M., Sotto lo stesso tetto, Mulino, Bologna 1984
Minorigiustizia, Rivista interdisciplinare di studi giuridici, pedagogici e sociali sulla relazione fra minorenni e giustizia, n.1/2015 FrancoAngeli
Fruggeri L., I concetti di mononuclearità e plurinuclearità nella definizione della famiglia, Connessioni, 2001